J.S. Bach: Invenzione a due voci N° 4 – Armoniche: Angelo Adamo

Ed ecco una nuova invenzione bachiana!

Si tratta della quarta, in Re minore, presa dal solito libro pubblicato dalla Ricordi – lo stesso sul quale da giovanissimo studente di pianoforte al Conservatorio imparavo a conoscere l’opera di quel gigante della musica che non smette mai di sorprendere e deliziare con i suoi incastri matematici – e curata dal Mugellini[1].

Al solito, nell’interpretare queste pagine, mi sono concesso non poche libertà: pur tentando di essere fedele allo stile dell’epoca (a quello che si ritiene fosse lo-), nell’esecuzione di trilli e abbellimenti vari, mi sono divertito a suonare ottave in punti che al mio orecchio chiedevano di essere rinforzati, nonché qui e là altre voci a distanza di quarta o di quinta dalla nota segnata sulla partitura (che così realizzano, in perfetta consonanza con il titolo dato a questa sottorubrica, il carattere di “invenzioni a N voci o a N ance, con N > 2).

Lo so: è probabile che qualche purista, storcendo il naso, manifesterà di non essere affatto d’accordo con queste mie scelte, ma spero proprio che tutti gli altri possano capirmi se idealmente rispondo con forza che di simili critiche me ne infischio bellamente.

Del resto, pur essendo convinto che, se si fosse trovato fra le mani il nostro strumentino preferito – arrivato, nella forma diatonica brevettata da Christian Friedrich Buschmann (1805-1864)[2], solo settantuno anni dopo la sua morte e circa centosettanta anni dopo nella sua forma cromatica -, il buon Giovanni Sebastiano (1675-1750) avrebbe di sicuro scelto di scrivere qualcosa per esso, non posso fare a meno di far notare che già il decidere di suonare il repertorio di Bach con una armonica è una “violazione dei principi filologici” cui i puristi più rigidamente ancorati alla tradizione si ispirano.

Ma veniamo al brano.

Una delle prime cose che non posso fare a meno di notare osservando cosa il curatore ha segnato all’inizio dello spartito è la grande velocità con la quale a suo parere vanno presentati tutti questi brani. In particolare, per questo quarto brano, il buon Mugellini ha pensato che ogni semiminima con punto debba durare un solo battito di metronomo con questo strumento regolato in modo che batta 76 in un minuto. Dal momento che il bano consta di 52 battute, la sua esecuzione prenderebbe in tutto poco più di 40 secondi.

Non nascondo che sono spesso alquanto scettico sulla persistenza dell’incredibile bellezza di queste brevi composizioni anche a quella velocità che, temo, potrebbero far loro assumere il carattere di pensieri musicali confusi dalla celerità e balenati quasi inconsapevolmente, per pochissimo tempo, nella testa di esecutore e ascoltatori.

In ogni caso, un pianista provetto può pure consentirsi di raggiungere dattilograficamente quelle vette di celerità senza sbagliare nello scegliere maiuscole, “a capo”, accenti e segni di punteggiatura, ma un armonicista, no, a meno di non essere un vero fenomeno da baraccone.

Mi sembra proprio di vedere il presentatore di un polveroso circo di periferia che, dopo un numero con i leoni, uno con i trapezisti e un altro con i clown, riempie il tendone a strisce bianche e rosse con la sua voce acida che annuncia in stile ventennio:

“Venghino, siòri e siòre! Tra poco, qui davanti ai vostri increduli occhi, l’armonicista col diaframma più allenato del mondo si esibirà in veloci e furiosi (“Fast and furius”) trilli di tono e semitono! Una capacità disumana, ne converrete, maturata in decenni di studio e allenamento trascorsi in un canile sotto la guida di un labrador asmatico (un “cane guida”)!”

, perché a chi dovesse decidere, come il sottoscritto, di affrontare lo studio di questi brani, si paleserebbe subito davanti una dura verità: a stabilire la velocità massima alla quale portarli, oltre a un certo gusto personale, vi sono tre ineliminabili fattori tecnici: 1) la quantità di fibre chiare e di quelle rosse della sua muscolatura, 2) i “salti” di note, che sull’armonica si traducono in salti di fori, e 3) la limitata mobilità delle ance, specie quelle dell’armonica bassi che le ha più lunghe e spesse delle altre, capace di porre un forte limite alla velocità dell’attacco della nota, al suo “avviamento da ferma”.

Fig. 1: Una delle battute da 29 a 32 suonate dalla mano sinistra nella quale si può apprezzare la natura del trillo di semitono, eseguibile usando il registro, di cui si parla nel testo

Il primo fattore nei brani di Bach è determinato soprattutto dalla tipologia dei trilli lì segnati che spesso, se non eseguibili sull’armonica tramite il solo movimento del registro – muovendo ripetutamente quel pistone, possiamo suonare trilli di intervalli di semitono (seconda minore); nella tonalità di Re minore del brano di oggi essi si riducono solo ai due mi-fa (si vedano le battute 29-32 della voce in chiave di basso, fig. 1) ed eventualmente la-si bemolle –, vanno suonati sottoponendo quel muscolo toracico a un lavoro fuori dal normale (fig. 2) necessario per eseguire trilli con note distanti tra loro un tono (seconda maggiore).

Fig. 2: una delle battute 19-21 nelle quali la mano destra, che legge in chiave di violino, esegue un trillo di tono

Chi ha scelto l’armonica è già più allenato di altri strumentisti a compiere velocemente quell’alternanza di cicli aspirazione/espirazione per il semplice fatto che suonare “legando” note aspirate e soffiate comporta il mettere in moto celermente, nei due sensi, il muscolo diaframmatico: esso dovrà abbassare e alzare le sacche polmonari senza far sentire troppo lo stacco tra le prime e le seconde.

Protrarre a lungo quel gesto, velocizzandolo fino al tempo segnato in partitura e mantenendo la sperata precisione nella suddivisione del tempo nei singoli tempi della battuta, è particolarmente faticoso e difficile: il muscolo… si stanca.

Ovvio che con la pratica si possa migliorarne sia la velocità che la tenuta, ma altrettanto ovvio è che alla fine ci si scontra con i limiti personali costituiti, in questo caso, dalla percentuale di fibre veloci e di quelle resistenti di cui ognuno di noi è dotato[3].

A tutto questo discorso, aggiungiamo che comunque anche l’uso del registro per suonare i due intervalli di seconda minore cui facevo riferimento prima, comporta uno studio attento e meticoloso: bisogna infatti allenarsi a fare stare esattamente un certo, preciso numero di note all’interno dello spazio di battuta concesso, e non è così raro sbagliare facendone troppi o leggermente di meno del dovuto.

Il secondo fattore trova tipicamente soluzione con l’adozione della tecnica del tnogue-shifting che consente di selezionare note lontane (fori lontani) col solo spostare la lingua evitando così di spostare la testa, l’armonica o entrambe. Si tratta di una tecnica per nulla banale che chi suona usando il tongue-blocking, se abbastanza flessibile e capace di perdere la rigidità di un movimento oramai acquisito che lo porterebbe a coprire in automatico solo da un lato (tipicamente il sinistro) della bocca, troverà di sicuro più facile fare propria rispetto a chi suona col solo metodo del “puckering”.

Infine la rigidità delle ance.

Al di là di fattori costruttivi dipendenti essenzialmente dalla lega usata dai vari costruttori per realizzare tali linguette metalliche, quelle nei primi fori a partire da sinistra delle armoniche a 16 fori, quelle nella stessa posizione delle cosiddette “tenor” (Hohner) e quelle delle armoniche bassi sono più lunghe e spesse, quindi non così agili, malleabili. Attivarle vuol dire compiere un lavoro di sicuro notevole se paragonato a quello che si fa per mettere in movimento le altre nel contiguo registro medio. Questo lavoro in più, comporta un lieve ritardo nella partenza delle note da esse emesse, e se suonando lentamente il ritardo col quale si sente il suono rispetto a quelli emessi da altre non si avverte tanto, suonando una partitura veloce, esso si fa importante e si accumula potendo finanche arrivare a sfasare le parti che nel contrappunto, invece, più sono sincronizzate finemente, meglio funzionano.

Accorgendomi dicome leggere questo mio breve articolo prenda comunque molto più tempo di quanto ne richieda l’ascolto che vi propongo più in alto,vi saluto augurandovi buon ascolto e, magari, anche buono studio!

Angelo Adamo


[1] Ne ho trovato una versione in pdf al seguente indirizzo: https://s9.imslp.org/files/imglnks/usimg/a/a6/IMSLP498228-PMLP3267-MX-2300N_20171028_160951.pdf

[2] Si veda, a tal proposito, la serie di video sulla storia dell’armonica che ho pubblicato qui nella sottorubrica “Armonica e storia” di “HarmonicA Mundi”. In esso intervisto l’amico Gianni Massarutto, armonicista blues ed esperto customizzatore che ci introduce alla storia dell’armonica mostrandoci una gran quantità di modelli storici tratti dalla sua incredibile collezione personale

[3] A tal proposito, non posso non ricordare che esistono e sono esistiti esperti di “treni” da suonare con l’armonica che hanno portato quella tecnica a livelli incredibilmente alti.